7 novembre 2014
Un messaggio di don Virginio Colmegna e un avviso: dal 21 novembre, ogni venerdì, nella cappella “Beata Eugenia Picco” della Fondazione, si celebrerà la Santa Messa
Domenica 16 novembre inizia l’Avvento. Sono giorni nei quali dovremmo da credenti, discepoli del Signore Gesù, rivivere quest’attesa della nascita del bimbo, perché il Natale è, o può essere, una gioia che deve raggiungere tutti. Nei giorni del nostro pellegrinaggio in Terra di Palestina sono stato tanto tempo a pregare a Betlemme nel luogo in cui la tradizione dice che è nato Gesù: ho portato lì in quella preghiera intensa, mattutina, tutto il cammino nostro di Casa della carità, tutto il cammino della Chiesa che, sotto la spinta di Papa Francesco, riscopre continuamente la gioia e la bellezza di una Chiesa povera per i poveri perché il Vangelo sia annunciato a tutti. E’ questo respiro interiore, questo vibrare del cuore che deve avere la capacità di donarci la gioia umile, di renderci appassionati ricercatori dei segni della sua presenza, di sperare in “cieli nuovi e terra nuova”.
L’umiltà è l’anima della povertà. In un bel libretto di Varillon “l’umiltà di Dio” (Qiqaion, Magnano 1999,55) si dice: “Francesco d’Assisi non è umile quando si inginocchia davanti al Papa, ma quando si abbassa davanti a un povero, che egli riconosce in quanto povero, rivestito di maestà. Li il suo gesto non è condiscendente: niente del suo sguardo sovrasta. Nessuna forzatura: la spontaneità è assoluta, esprime l’amore come il respiro esprime la vita. Bisogna essere immensamente grandi per respirare così. L’umiltà di Francesco è una partecipazione a quella del suo Signore”. È una povertà innamorata, se il riferimento è e rimane Cristo. Questa intensità contemplativa dobbiamo viverla da credenti, offrirla come segno di testimonianza umile anche a quanti sono in ricerca, a quanti operano con tanto spirito di generosità, a quanti praticano un’altra religione, a quanti si dicono non credenti ma di fatto sono portatori di un messaggio di giustizia, di fraternità. In questo Avvento dobbiamo ritrovare il coraggio e la gioia della speranza.
Se vedere il povero è vedere Dio allora il povero è il colore di Dio, diceva un monaco. Dobbiamo non perdere questa intensità spirituale che ci dona un linguaggio, un modo di vivere, uno sguardo che dilata il cuore, apre orizzonti di pace vera. Abbiamo parlato molto di Casa della carità come sguardo sulla città; ora dovremmo desiderare una Casa della carità così intimamente legata alla storia dei deboli, dei fragili, dei vulnerabili che da lì trova il coraggio, la forza di parlare alle coscienze di ciascuno, per regalarci la mitezza del cuore, la gioia di annunciare il Vangelo. Mi viene in mente quanto ha affermato Monsignor Capovilla in un’intervista, parlando di Papa Giovanni XXIII che morente gli disse:”Non ci siamo soffermati a raccattare i sassi che da una parte e dall’altra della strada ci venivano lanciati addosso, non li abbiamo raccolti per rigettarli, abbiamo taciuto, abbiamo compatito, abbiamo operato, abbiamo amato e abbiamo perdonato”. Deve diventare questo un Avvento davvero vissuto, anche di fronte a quanto sta succedendo nel mondo, alle crisi drammatiche, alle guerre diffuse, alla violenza che si respira anche nel quotidiano, a questo arrivo dei profughi, a questo gridare sofferto della gente, a questa illegalità che corrode. Personalmente vorrei inserire nella quotidianità dell’ospitalità questa sete di silenzio, questa inquietudine, questo sguardo interiore che per i credenti è certamente preghiera.
Per questo in Avvento mi propongo di stare in cappella ogni venerdì sera dalle ore 21.00: esporrò il Santissimo e vivrò tempo di adorazione chiedendo di custodire il cammino di Casa della carità, di tutti noi, degli ospiti presenti e di quelli che ci hanno incontrato, di quanti ci sostengono perché si possa attendere e vivere la gioia di un Natale di pace. Propongo a tutti coloro che possono, dove abitano, di condividere un po’ del proprio tempo in preghiera.
A Betlemme ci siamo presi un impegno di unirci con la preghiera del Rosario con quanti da ormai 10 anni ogni venerdì, di fronte al muro che divide questa terra martoriata, pregano perché possa incunearsi dentro il muro di divisione una speranza di vederlo abbattuto. Maria, la povera di Javhè, ci accompagni in questo cammino di Avvento. Buon Avvento a tutti. Cerchiamo di condividere insieme questo cammino con i frutti di questo decennio che abbiamo voluto celebrare anche così lungamente e che ci ha offerto un orizzonte di speranza pur dentro le fatiche, le mancanze e gli errori che appesantiscono il nostro cammino. Chiediamo la leggerezza interiore, per darci davvero un abbraccio sincero e colmo di amicizia.
Termino con una poesia di Maria Gales Rjan:
“Dio si mise da parte
ed ebbe inizio il mondo.
Questo è il segreto
dell’amore:
se puoi
mettiti soprattutto
in disparte.
Chiedi solo un piccolo angolo
nel tempo.
Al tuo volere
metti confini
e guarda come si espande un mondo”.
Buon Avvento!
don Virginio Colmegna
da www.casadellacarità.org