Simone, il suo Brasile, la sua ‘saudade’ giugno 2014

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Riceviamo da Simone Parilli (associato Mondeco) un suo scritto dopo la sua terza esperienza in ‘terra di missione’ a Salvador de Bahia, in Brasile nel ‘Centro do Menor Joau paulo II’ per l’accoglienza e la cura di numerose ‘ex-ragazze di strada’ nel quartiere di Mata Escura. Un’esperienza ‘semplice’ fatta durante le proprie ferie estive. Grazie Simone, per il tuo tempo dedicato agli altri e a te stesso, per la tua lettera a noi tutti e per ricordarci la bellezza della condivisione.

Cari amici,


concludendo la mia esperienza in Brasile, sento il bisogno di condividere con voi alcuni pensieri. In questo momento capisco cosa significa almeno un poco la parola “saudade”. Il Brasile, i brasiliani mi sono entrati nel cuore, specie questo popolo della  Bahia, che sa di Africa, di Portogallo, di magia.

“Bahia, la terra dell’allegria”, si legge da più parti.
 Ma ancora, Liza Ginzburg ne parla come di un popolo che “balla e canta, quando vorrebbe 
piangere “.

Gioia e dolore, cielo plumbeo e turchino, abbondanza e miseria, sorrisi e disperazione. Mai mezze misure, poche, almeno. Colori forti, lucenti, volti illuminati, tenebrosi, segnati. Menini e menine, che attraversano rapidamente la folla, piedi nudi, volti sporchi, stanchi, sfatti, di una giovinezza violentata e corrotta.
 Le frasi del povo (il popolo): “Deus é Fidel”, “Deus es brasileru”, per sottolineare che sta dalla loro parte; “Tudo é possível”. Il chiamarsi anche tra sconosciuti con appellativi come padre, madre, figlio, zio. Quanto si potrebbe dire, e quanto il cuore potrebbe ancora riversare, gonfio di un energia tropicale capace di scaldarne altri.
L’accoglienza poi, oltre la misura e a volte le possibilità, la tragedia di una sconfitta inaudita (Germania-Brasile 7-1) da un popolo freddo che non ha avuto pietà. Violenza e sfruttamento, nelle strade, nelle case, senza età. E favelas infinite, fino all’orizzonte, poi grattacieli, ancora favelas, che si guardano e non sanno incontrarsi.
 Grandi contraddizioni, tanta gente, infinita, troppa da soccorrere, che a tratti fa sentire impotenti, dove a una falla riparata corrisponde un cratere ancor più profondo.

Nonostante ciò, luci nella notte soccorrono queste tenebre, angeli o semplici uomini, che hanno scelto di dare la vita a chi la vita è stata tolta, spezzata.
 Un popolo per cui ballare non è una scelta, ma un destino.
Concludo con le parole di Frei Betto, grande teologo vivente brasiliano:

“Non podemos dizer Paí Nosso, se nao partilham o pai nosso”. (Non possiamo dire “Padre Nostro”, se non condividiamo il nostro pane) .
Una scelta di giustizia, tutto qui, che ci offre una sensazione di bene e ci da la vera pace.
Simone

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